martedì 14 febbraio 2017

Legame tra SCUOLA e REALTÀ
Intervista a una ex allieva del Guacci, Ester Gentile, che ha fatto un percorso di un certo spessore dopo gli studi liceali.
La sua ex professoressa Rapuano M. G. :
A partire dalla tua esperienza, puoi offrire ai destinatari del Blog il tuo contributo pratico in materia di innovazione?
In che cosa la Scuola  di ieri deve cambiare per rendere agevole il percorso dello studente, che vuole solcare mari e oceani, approdare  in un luogo magico e soddisfare la sua sete di esploratore e conquistatore?

Ester Gentile:  Allieva del liceo linguistico, ho deciso alla fine del mio percorso scolastico di mettere le conoscenze linguistiche al servizio della mediazione linguistica e culturale così mi sono iscritta alla Scuola superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori di Forlì. Dopo un anno di Erasmus a Ginevra, ho deciso di proseguire lì la mia specializzazione in traduzione giuridico-istituzionale e ora, a cinque mesi dalla laurea, sono traduttrice e project manager. Un percorso certo non facile, ma che ha potuto contare su una buona base, quella appunto del liceo.
Certo che allora l’istruzione scolastica era ancora improntata secondo una tradizione classica e molto teorica, se confrontata alle iniziative attuali, quali alternanza scuola-lavoro. Cominciava però a farsi strada qualcosa di innovativo, cosa assolutamente necessaria per lo studio delle lingue. È chiaro che una lingua straniera non dà i suoi frutti se confinata allo studio della grammatica sui ridondanti libri di testo, la lingua deve essere messa in pratica in tutti i suoi aspetti: produzione e comprensione scritta e orale. Nei cinque anni di liceo, avevamo la possibilità di partire per una settimana all’estero, di ottenere certificazioni, avevamo anche sottoscritto un abbonamento a un giornale francese per leggere l’attualità della Francia. Sembra poco eppure dietro c’era un grande lavoro che ha dato i suoi frutti.
• L’esperienza dello stage. L’utilità dello stage è indubbia. Un ragazzo che si trova, seppur per una sola settimana, in un paese di lingua straniera ha veramente l’opportunità di mettersi in gioco dal punto di vista personale e linguistico. Personalmente ho sperimentato che, nonostante avessimo studiato a memoria liste di vocaboli in lingua straniera, è solo quando ci trovavamo nel concreto a dover chiedere alla famiglia straniera ospitante dove erano le forbici, le posate, le pentole, che il vocabolo in lingua straniera veniva associato all’oggetto della vita quotidiana e restava indelebile nel nostro cervello. L’apprendimento di una lista di vocaboli resta sterile e fine a se stesso se non può essere praticato in una situazione concreta di bisogno. Le regole grammaticali sono certo fondamentali, senza di esse non potrebbe essere auspicabile la produzione corretta di qualsiasi forma di comunicazione. E se un mezzo per metterle in pratica a livello scolastico sono le traduzioni di frasi dall’italiano verso la lingua straniera, l’esercizio è comunque relativo perché lo studente sa che tale esercizio è mirato all’applicazione della suddetta regola. Quando lo studente si trova invece a comunicare in una situazione quotidiana non ha il tempo materiale per passare in rassegna tutte le regole apprese, le applicherà via via in modo sempre più automatico. La regola grammaticale viene associata non più alla spiegazione dei libri di testo, ma a una frase costruita e ripetuta in una comunicazione autentica.
• Le certificazioni. La certificazione mira a sviluppare le quattro competenze linguistiche cui ho già accennato: produzione e comprensione scritta e orale. Personalmente ne ho tratto un gran beneficio, sia come “biglietto di visita” per l’università, perché possedere almeno un livello b2 attestato in una lingua straniera non è cosa da poco, sia perché la preparazione a queste certificazioni mi ha permesso anche di acquisire un linguaggio più formale, che mi ha certamente aiutato per comunicare per iscritto con i professori in un primo momento, nell’ambiente lavorativo (si pensi alla comunicazione con il cliente) poi.
• Una “full immersion” nella lingua e nella cultura straniera. Lingua e cultura vanno di pari passo e non potrei immaginare uno studio della lingua senza conoscere la cultura nella quale la lingua è nata e sotto le cui spinte si evolve. Oggi grazie ad Internet e alla tv satellitare, le possibilità di leggere giornali e di ascoltare telegiornali e programmi in lingua originale è molto più facile. La scuola deve adottare questo sistema, proponendo ad esempio l’ascolto di un programma per poi discuterne poi in classe. Certo non si può pretendere che lo studente comprenda tutto, ma già soltanto l’esposizione alla lingua parlata abitua lo studente all’intonazione e alla velocità di un parlante nativo. Inoltre l’esposizione alla lingua originale permette anche allo studente di conoscere la lingua di tutti i giorni, quella più familiare, quella in cui vestiti in tedesco non si dice “kleidung” ma “klamotten” o “cose” in francese è piuttosto “trucs” che “choses”.
Con questi tre esempi intendo dire che la scuola deve aiutare gli studenti a mettere in pratica in situazioni autentiche quanto appreso. Non voglio assolutamente negare l’approccio teorico che anzi è fondamentale. Spesso l’istruzione italiana viene criticata come troppo teorica e scarsa pratica, e questo soprattutto in ambito accademico. Sarà pure vero che manca la pratica, ma la teoria crea un solido sapere senza il quale la pratica è impossibile e gli italiani all’estero, i cosiddetti cervelli in fuga, si sono distinti proprio per le loro conoscenze, che poi hanno saputo tradurre nella pratica. La scuola dovrebbe lavorare proprio sul deficit della pratica. L’alternanza scuola lavoro mi sembra un’ottima iniziativa in questo senso: lo studente è posto in un contesto nuovo in cui diventa parte attiva del sapere.
Aggiungerei inoltre che oggi la scuola deve tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, che accorcia le distanze e ci rende cittadini del mondo. Una maggiore sensibilizzazione verso questa apertura globale è altresì necessaria. Come attuare queste innovazioni resta poi a discrezione della scuola o del singolo professore, in funzione della disciplina, degli studenti e di altri fattori contestuali. Il lavoro è certo impegnativo perché equivale a rivoluzionare in parte i propri metodi, ma l’evoluzione è ormai alla base di tutto. Se la traduzione, per fare un esempio, non avesse accolto l’innovazione tecnologica, saremmo ancora a tradurre su fogli di carta con l’ausilio dei soli dizionari, mentre Internet oggi mette a disposizione software di traduzioni assistita, banche terminologiche e accesso a numerose risorse informatiche.
Oggi nel mercato del lavoro c’è tanta concorrenza e per distinguersi bisogna avere una marcia in più: la scuola può essere il trampolino di lancio, può essere quella marcia in più nella preparazione dello studente che sarà poi completata dall’università e dall’esperienza personale  e professionale.
Ester Gentile